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Messaggio  RAS Gio Nov 15, 2007 5:39 pm

Le Foibe nei dettagli

Questo Documento è stato realizzato dallo Staff del Sito Alleanza Nazionale Liguria Si ringrazia per il permesso di pubblicazione di questo rilevante e importante documento con la speranza di rendere pubblica, quanto più possibile, una fetta di Storia insabbiata per 50 anni.




Prefazione

Un filo rosso che lega idealmente i fatti che vogliamo raccontare in questa Pagina, con i giorni in cui il nostro lavoro è andato in stampa. Un filo rosso che unisce la storia di questi cinquant'anni, nel silenzio che l'ha accompagnata, nell'ignoranza che l'ha contraddistinta, nella subdola politica degli autori dello sterminio etnico, dei giudici conniventi e di chi ha sempre saputo ma ha preferito non parlare.Non stiamo dando la verità in pillole preconfezionate, vogliamo solo raccontarvi un pezzo di storia italiana che non troverete nei libri di scuola; vogliamo dare il via a un dibattito che attraverso la riscoperta di una memoria comune, ci può aiutare a trovare l'impervia strada della pacificazione di un popolo che ha smarrito il senso di appartenenza alla medesima vicenda nazionale. Abbiamo parlato di ignoranza, di silenzio, di politica subdola e giudici conniventi. Un esempio: a Novembre del 1998 si è decretato il non luogo a procedere nei confronti di tre infoibatori. La scusa? I reati sarebbero stati commessi su parte del territorio nazionale successivamente ceduto ad altro Stato.Peccato, che l'esercizio della giurisdizione non viene meno in quanto si fonda sull'applicabilità della legge italiana, per essere stato il reato commesso in territorio nazionale al tempo della sua consumazione. Peccato per tanta ignoranza e malafede da parte di chi dovrebbe rappresentare ognuno di noi. Un'ultima considerazione: il giudice che ha istruito il processo e gli avvocati di parte civile continuano a ricevere minacce di morte per il loro interessamento alla vicenda dei tre assassini. Non aspettatevi di trovare queste notizie sulle prime pagine dei giornali. Per certa gente continuano ad esistere italiani, morti, assassini, avvocati e giudici di serie A e di serie B; anche per loro abbiamo scritto questa dispensa.



Genocidio

Foibe, campi di sterminio, fosse comuni, tombe senza nomi e senza fiori, dove regna il silenzio dei vivi ed il silenzio dei morti.

Migliaia di scomparsi dalla storia che attendono giustizia e verità. Scomparvero dalle loro case, dall'affetto dei loro cari, dalla loro terra, dalla Patria che tutti amavano al di là delle diverse ideologie politiche.Insieme vittime di un disegno criminale basato sull'odio etnico degli slavi e sull'ideologia marxista-leninista, che saldarono il IX Corpus e le armate titine in un'unica fratellanza con i collaborazionisti italiani, rei di essersi macchiati del sangue dei fratelli, sacrificati sull'altare di un sogno utopistico di internazionalismo emancipatore dei popoli.Tra il 25 luglio 1943 (caduta del Regime fascista) e l'8 Settembre 1943 (data della comunicazione dell'Armistizio, in effetti firmato il 3.9.1943) nelle zone del confine orientale (Friuli, Area giuliana-goriziana, Trieste, Istria e Dalmazia) tedeschi (slavi alleati dei tedeschi e partigiani slavi comunisti) preparano le contromosse alla prevista modifica di posizione dell'Italia nei confronti della alleanza.In quel tempo nelle aree suddette, erano presenti, con i loro interessi nazionali o internazionali marxisti, le seguenti fazioni: i rappresentanti del Regio esercito italiano (che controllavano non solo le provincie italiane di Pola, Fiume e Zara, Spalato, ma anche l'acquisita provincia slovena di Lubiana e l'intera Dalmazia), i tedeschi (che ritenevano essenziale il controllo delle vie di comunicazione con i Balcani sia dal punto di vista strategico che per il transito delle materie prime), gli sloveni (divisi tra filo-tedeschi e filo-comunisti con sfumature nazionaliste), i croati (il regno di Croazia, più o meno affiliato alla Corona d'Italia, aveva in Ante Pavelic l'espressione nazionalista, filo-tedesca, anti-ebrea e anti-italiana), i croati filo-comunisti (inquadrati nelle forze della Resistenza, presenti in Istria e a contatto con italiani comunisti), i serbi cetnici, le formazioni volontarie slave inquadrate nelle Ss (Bosniaci, Croati, ecc.).L'area, inoltre, da sempre considerata di influenza britannica, collegava le sue mosse a rapporti stretti sia con Londra che con Mosca, attraverso le variegate componenti etnico-politiche.



Questo groviglio di gruppi non si fa trovare impreparato l'8 settembre, ad eccezione degli italiani, le cui Forze armate, abbandonate a se stesse, sono preda dei tedeschi e dei partigiani. La creazione dell'Ozak (zona d'operazioni del Litorale adriatico) da parte dei tedeschi e la nascita della Rsi (Repubblica sociale italiana) che riprende in mano la guida delle istituzioni civili e di polizia (carabinieri, Guardia di Finanza, Pubblica sicurezza confinaria ecc.) contribuiscono a "bonificare" la zona, che però non è indenne da atti di guerriglia, prelevamenti di persone e sparizione, rappresaglie, deportazioni di natura etnico-politica.Le autorità del Reich (nell'ambito delle quali si distinguono due ali: quella tedesca e quella austriaca, rappresentata dal commissario Rainer e dal comandante Ss Globocnick) stringono nuove alleanze appoggiando le nuove fazioni che si sono create e rafforzate nell'area (in Slovenia: Bela Garda e Domobranci - milizie armate anti comuniste e filo tedesche; in Croazia: Ustascia - milizie filo-naziste, ultra nazionaliste e permeate di mito etnico) a discapito degli interessi italiani. Tuttavia il Governo repubblicano fascista riesce a far sopravvivere la struttura amministrativa e la presenza militare attraverso reparti come la Xa- Mas, il Battaglione bersaglieri "Mussolini", il reggimento alpini "Tagliarnento", la Mdt (Milizia difesa territoriale), naturalmente i corpi di Polizia (carabinieri, Guardia di Finanza e Pubblica sicurezza) ed altri corpi militari e para-militari di vario spessore ed importanza (Guardia civica, Brigate nere, ecc.).

Va rafforzandosi anche la Resistenza italiana che però si presenta divisa in partigiani garibaldini comunisti che dal 1944 collaboreranno totalmente con la Resistenza slava rappresentata dal IX Corpus, rendendosi responsabili di collaborazione nei prelevamenti di italiani, come provato dalle testimonianze dei familiari dei deportati, e di eccidi di anti-comunisti (Porzus 7.2.1945), sono cioè, la parte più dura nella guerra civile (Gap) - e in partigiani osovani.Dal 1944 sono presenti nell'area forti contingenti di cosacchi, caucasici e turkmeni, inquadrati in formazioni militari tedesche ai quali era stata promessa una terra ed una patria nelle zone dell'Ozak. La presenza di numerosi militari paracadutati tra i partigiani (inglesi, americani, russi) e di incontri e missioni tra il Regno del Sud e reparti militari della Rsi rendono sempre più complessa la situazione che esplode alla caduta del fronte ed al crollo della Germania. E' così che il primo maggio, truppe comuniste titine entrano in Trieste e Gorizia e, aiutate dai collaborazionisti italiani, fornite di liste di prescrizione, prelevano, deportano, infoibano e detengono in campi di sterminio circa 12.000 Italiani (secondo il Cln).A Zara, erano entrate il 30.10.1944 mentre a Fiume e Pola entreranno il 3.5.1945.Il disegno di genocidio fu condotto senza distinzioni politiche razziali ed economiche o di sesso ed età; furono arrestati fascisti ed anti-fascisti (anche partigiani), cattolici ed ebrei, industriali, dipendenti privati ma anche agricoltori, pescatori, donne, vecchi, bambini, e soprattutto, i servitori dello Stato (carabinieri, poliziotti, finanzieri, militi della Guardia civica, ecc.).Le Foibe colpirono una parte dei prelevati e furono la tomba di alcuni centinaia di italiani, ma la maggioranza finì in campi di sterminio ed in fosse comuni.

Momenti di una tragedia

La storia non è solo lo studio di date, di fenomeni, di battaglie, di interpretazioni, ma la visione di quell'eterno mosaico composto da milioni di tasselli che parlano di uomini e donne con i loro dolori, le loro tragedie, i loro sogni, i loro affetti.E' per questo che i flash che accendiamo nel buio della galleria scura dell'ipocrisia e del silenzio creata in cinquant'anni di falsa storia vi sembreranno scarni, crudi, duri, ma vogliono ricondurre l'interpretazione della stessa alla lettura della vita, dei drammi e delle tragedie di migliaia di italiani.

Zara: " ... Nelle giornate del 7 e 8 novembre 1944 (Zara cadde in mano partigiana il 30 ottobre 1944) furono fatti uscire dai sotterranei della caserma "Vittorio Veneto" una ventina di agenti ed una trentina di civili ivi rinchiusi, e quindi, trasportati assieme ad altri venticinque civili nell'isola di Ugliano. Dopo che i partigiani accompagnatori hanno consumato il pasto e bevuto abbastanza, vengono invitati i primi venticinque a lasciare i loro abiti e rimanere solo con le scarpe, pantaloni e camicia. Dopo tale operazione vengono avviati lungo un sentiero terminante in un precipizio a picco sul mare e qui massacrati come cani. I cadaveri finiscono nel buffone lì vicino. Liquidati i primi, i partigiani tornano indietro per eseguire la stessa operazione con gli altri. Difatti anche questi vengono invitati a togliersi i vestiti e a rimanere solo con gli stessi indumenti dei primi; inoltre, raccolti tutti i documenti ed ogni carta tenuta dagli agenti, si procede alla loro distruzione col fuoco..." (doc. 12 Ministero Esteri)

Fiume: " ... avvennero arresti di antifascisti e fascisti, purché italiani. Per non fare lunghi elenchi di nomi voglio notare alcuni tra quelli completamente fuori da ogni movimento fascista. L'architetto Pagan, il quale, per essere dissenziente al movimento fascista, fu arrestato il giorno 3 maggio. Fu arrestata pure la moglie di un ufficiale della Marina italiana, combattente a fianco degli Alleati, nata Sennis. In seguito venne arrestata anche sua madre, la direttrice didattica Sennis. Altra persona arrestata fu Riccardo Bellandi, amatissimo per il suo buon cuore da tutti i fiumani ".

Spalato: "... Le nefaste giornate vissute dagli italiani di Spalato durante la temporanea occupazione delle bande serbo-comuniste resteranno dolorosamente scolpite nella mente di quanti hanno avuto la triste sorte di esserne testimoni oculari. Integerrime figure di patrioti italiani vennero barbaramente seviziate ed uccise. Oltre quattrocentocinquanta furono le vittime cadute nell'eccidio compiuto dai banditi contro cittadini che altra colpa non avevano se quella di essere italiani. Le notizie che giungono dalla dolorante terra di Dalmazia sono quanto mai angosciose. Oltre all'eccidio dei maestri delle scuole di Spalato e di altri paesi dell'interno della Dalmazia, risultano uccisi il conte Silvio de Micheli Vitturi e l'avvocato Matteo Mirossevich, commissari comunali alla Castella, nonché il fiduciario del Fascio di Castel San Giorgio Mario Valich, gli squadristi Vincenzo Bilinich, Ben Radovnicovich, Antonio Biuk, Simeone Segnanovich, Antonio Bonacci, Stefano Zocchich, tale Craglich, i fratelli Vittorio e Michele Fiorentino e tanti altri. Pure, sotto il piombo della furia omicida dei banditi, sono caduti vari commissari di Pubblica sicurezza, assieme ad una ottantina di agenti. Tra gli scomparsi figura anche il dottor Popov, il dottor Maiano, il dottor Castellini e il dottor Sorge. A Lissa è stato ucciso lo squadrista Petrossich. Giuseppe Trzich e la figlia del viceprefetto Lugher, che da Zara si recavano a Spalato, sono stati anch'essi barbaramente assassinati. Numerosi sono gli italiani i quali prima di essere uccisi hanno dovuto sottostare a crudeltà inaudite.

A taluni sono stati strappati con delle tenaglie roventi gli orecchi, altri, rinchiusi in gabbie di ferro, sono stati esposti al ludibrio della plebaglia.

A stroncare tale scempio di vite umane sono sopraggiunte le truppe tedesche, costrette a combattere aspramente prima di aver ragione dei banditi che si erano asserragliati a Salona, la quale, data la violenza della lotta, è stata completamente distrutta..."



F O I B E

( Se PRIMO LEVI avesse visto quanto descritto quì sotto...

la frase "se c'è Auschvitz non può esistere Dio" forse non l'avrebbe scritta. )

AUSCHWITZ, DACHAU, TREBLINKA...?

NO, FOIBE.




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Messaggio  RAS Gio Nov 15, 2007 5:40 pm

Foiba di Basovizza e Monrupino -

Oggi monurnenti nazionali. Diverse centinaia sono gli infoibati in esse precipitati. Sul massacro di Basovizza il giornale "Libera Stampa" in data 1.08.1945 pubblicava un articolo dal titolo: "Il massacro di Basovizza confermato dal Cln giuliano. Piena luce sia fatta in nome della civiltà. Una dettagliata documentazione trasmessa alle autorità alleate della zona ed al Governo italiano".L'articolo riportava un documento sottoscritto da tutti i componenti del Cln e di quelli dell'Ente costitutivo autonomia giuliana, che così denunciava i crimini ac- caduti a Trieste tra fl 2 ed il 5 maggio: "Centinaia di cittadini vennero trasportati nel cosiddetto "Pozzo della Miniera" in località prossima a Basovizza e fatti precipitare nell'abisso profondo duecentoquaranta metri. Su questi disgraziati vennero in seguito lanciate le salme di circa centoventi soldati tedeschi uccisi nei combattimenti dei giorni precedenti e le carogne putrefatte di alcuni cavalli. Al fine di identificare le salme delle vittime e rendere possibile la loro sepoltura abbiamo chiesto consiglio agli esperti che hanno collaborato, a suo tempo, al recupero delle salme nelle Foibe istriane.

L'attrezzatura a disposizione dei nostri esperti non è sufficiente data l'eccezionale profondità del pozzo, il numero delle salme e lo stato di putrefazione delle stesse ......Davanti alle accuse che vengono fatte da alcuni organi di stampa, di uccisioni indiscriminate, che avrebbero interessato anche esponenti antifascisti, il giornale "Primorski Dnevník" in data 5.08.1945, smentendo l'uccisione di patrioti italiani, ammette l'infoibamento di italiani a Basovizza e particolarmente di poliziotti e finanzieri.Cosi scrive: "... Questa nuova Jugoslavia del maresciallo Tito, che per il numero delle vittime, per la vittoria comune occupa senza dubbio il secondo posto ,dopo l'Unione sovietica e che è rispettata ed onorata dalla popolazione slovena, croata e italiana di questa regione, non è possibile che abbia oltre alla Guardia di frontiera fascista, ai poliziotti, gettato nelle Foibe anche i combattenti che hanno combattuto da fratelli per la nuova Jugoslavia e dieci soldati neozelandesi...."E, proseguendo,con la definizione cinica dell'alibi che ancora oggi alcuni storici sloveni e croati sottolineano, giunge a dire: "... sulla terra che ha sofferto per venticinque anni il terrore snazionaliz-zatore italo-fascista si è combattuto per anni contro i nazi-fascisti assieme ad onesti italiani ed antifascisti non è questa la prima e nemmeno l'unica grotta dove si polverizzano le ossa dei criminali italiani e tedeschi e di quelli che si sono opposti..."Tra i responsabili degli infoibamenti a Basovizza può essere indicata la Banda Zoll-Steffè che presso le carceri triestine dei Gesuiti imperversò sotto la denominazione della Guardia del popolo.

Foiba di Scadaicina-

sulla strada di Fiume.

Foiba di Podubbo -

Non è stato possibile, per difficoltà, il recupero. Il Piccolo del 5.12.1945 riferisce che coloro che si sono calati nella profondità di 190 metri, hanno individuato cinque corpi - tra cui quello di una donna completamente nuda - non identificabili a causa della decomposizione.

Foiba di Drenchia -

Secondo Diego De Castro vi sarebbero cadaveri di donne, ragazzi e partigiani dell'Osoppo.

Abisso di Semich -

" ... Un'ispezione del 1944 accertò che i partigiani di Tito, nel settembre precedente, avevano precipitato nell'abisso di Semich (presso Lanischie), profondo 190 metri, un centinaio di sventurati: soldati italiani e civili, uomini e donne, quasi tutti prima seviziati e ancor vivi. Impossibile sapere il numero di quelli che furono gettati a guerra finita, durante l'orrendo 1945 e dopo. Questa è stata una delle tante Foibe carsiche trovate adatte, con approvazione dei superiori, dai cosiddetti tribunali popolari, per consumare varie nefandezze. La Foiba ingoiò indistintamente chiunque avesse sentimenti italiani, avesse sostenuto cariche o fosse semplicemente oggetto di sospetti e di rancori. Per giorni e giorni la gente aveva sentito urla strazianti provenire dall'abisso, le grida dei rimasti in vita, sia perché trattenuti dagli spuntoni di roccia, sia perché resi folli dalla disperazione. Prolungavano l'atroce agonia con sollievo dell'acqua stillante. il prato conservò per mesi le impronte degli autocarri arrivati qua, grevi del loro carico umano, imbarcato senza ritorno..." (Testimonianza di Mons. Parentin - da La Voce Giuliana del 16.12.1980).

Foibe di Opicina, di Campagna e di Corgnale -

" ... Vennero infoibate circa duecento persone e tra queste figurano una donna ed un bambino, rei di essere moglie e figlio di un carabiniere..." (G. Holzer 1946).

Foibe di Sesana e Orle -

Nel 1946 sono stati recuperati corpi infoibati.

Foiba di Casserova-

Sulla strada di Fiume, tra Obrovo e Golazzo. Ci sono stati precipitati tedeschi, uomini e donne italiani, sloveni, molti ancora vivi, poi dopo aver gettato benzina e bombe a mano, l'imboccatura veniva fatta saltare. Difficilissirni i recuperi.

Abisso di Semez -

Il 7 maggio 1944 vengono individuati resti umani corrispondenti a ottanta - cento persone. Nel 1945 fu ancora "usato".

Foiba di Gropada -

Sono recuperate cinque salme."... Il 12 maggio 1945 furono fatte precipitare nel bosco di Gropada trentaquattro persone, previa svestizione e colpo di rivoltella "alla nuca". Tra le ultime: Dora Ciok, Rodolfo Zuliani, Alberto Marega, Angelo Bisazzi, Luigi Zerial e Domenico Mari..."

Foiba di Villa Orìzi -

Nel mese di maggio del 1945, gli abitanti del circondario videro lunghe file di prigionieri, alcuni dei quali recitavano il Padre Nostro,scortati da partigiani armati di mitra, essere condotte verso la voragine. Le testimonianze sono concordi nell'indicare in circa duecento i prigionieri eliminati.

Foiba di Cernovizza (Pisino) -

Secondo voci degli abitanti del circondario le vittime sarebbero un centinaio. L'imboccatura della Foiba, nell'autunno del 1945, è stata fatta franare.

Foiba di Obrovo (Fiume) -

E' luogo di sepoltura di tanti fiumani, deportati senza ritorno.

Foiba di Raspo -

Usata come luogo di genocidio di italiani sia nel 1943 che nel 1945. Imprecisato il numero delle vittirne.

Foiba di Brestovizza -

Così narra la vicenda di una infoibata il "Giornale di Trieste in data 14.08.1947. "... Gli assassini l'avevano brutalmente malmenata, spezzandole le braccia prima di scaraventarla viva nella Foiba. Per tre giorni, dicono i contadini, si sono sentite le urla della misera che giaceva ferita, in preda al terrore, sul fondo della grotta..".

Foiba di Zavni (Foresta di Tarnova) -

Luogo di martirio dei carabinieri di Gorizia e di altre centinaia di sloveni oppositori del regime di Tito.

Foiba di Gargaro o Podgomila (Gorizia) -

A due chilometri a nord-ovest di Gargaro, ad una curva sulla strada vi è la scorciatoia per la frazione di Bjstej. A una trentina di metri sulla destra della scorciatoia vi è una Foiba. Vi furono gettate circa ottanta persone.

Foiba di Vines -

Recuperate dal Maresciallo Harzarich dal 16.10.1943 al 25.10.1943 cinquantuno salme riconosciute. In questa Foiba, sul cui fondo scorre dell'acqua, gli assassinati dopo essere stati torturati, furono precipitati con una pietra legata con un filo di ferro alle mani. Furono poi lanciate delle bombe a mano nell'interno. Unico superstite, Antonio Radeticchio, ha raccontato il fatto.

Cava di Bauxite di Gallignana -

Recuperate dal 31 novembre 1943 all'8 dicembre 1943 ventitre salme di cui sei riconosciute.

Foiba di Terli -

Recuperate nel novembre del 1943 ventiquattro salme, riconosciute.

Foiba di Treghelizza -

Recuperate nel novembre del 1943 due salme, riconosciute.

Foiba di Pucicchi -

Recuperate nel novembre del 1943 undici salme di cui quattro riconosciute.

Foiba di Surani -

Recuperate nel novembre del 1943 ventisei salme di cui ventuno riconosciute.

Foiba di Cregli -

Recuperate nel dicembre del 1943 otto salme, riconosciute.

Foiba di Cernizza -

Recuperate nel dicembre del 1943 due salme, riconosciute.

Foiba di Vescovado -

Scoperte sei salme di cui una identificata.

Altre foibe da cui non fu possibile eseguire recupero nel periodo 1943 - 1945:

Semi

Jurani

Gimino

Barbana

Abisso Bertarelli

Rozzo

Iadruichi.

Foiba di Cocevie a 70 chilometri a sud-ovest da Lubiana

Foiba di San Salvaro.

Foiba Bertarelli (Pinguente) - Qui gli abitanti vedevano ogni sera passare colonne di prigionieri ma non ne vedevano mai il ritorno.

Foiba di Gropada.

Foiba di San Lorenzo di Basovizza.

Foiba di Odolina - Vicino Bacia, sulla strada per Matteria, nel fondo dei Marenzi.

Foiba di Beca - Nei pressi di Cosina.

Foibe di Castelnuovo d'Istria - "Sono state poi riadoperate - continua il rapporto del Cln - le foibe istriane, già usate nell'ottobre del 1943".

Cava di bauxite di Lindaro

Foiba di Sepec (Rozzo)

Capodistria - Le Foibe -

Dichiarazioni rese da Leander Cunja, responsabile della Commissione di indagine sulle Foibe del capodistriano, nominata dal Consiglio esecutivo dell'Assemblea comunale di Capodistria:

"... Nel capodistriano vi sono centosedici cavità, delle ottantuno cavità con entrata verticale abbiamo verificato che diciannove contenevano resti umani. Da dieci cavità sono stati tratti cinquantacinque corpi umani che sono stati inviati all'Istituto di medicina legale di Lubiana. Nella zona si dice che sono finiti in Foiba, provenienti dalla zona di S. Servolo, circa centoventi persone di etnia italiana e slovena, tra cui il parroco di S. Servola, Placido Sansi. I civili infoibati provenivano dalla terra di S. Dorligo della Valle.

I capodistriani, infatti, venivano condotti, per essere deportati ed uccisi, nell'interno, verso Pinguente. Le Foibe del capodistriano sono state usate nel dopoguerra come discariche di varie industrie, tra le quali un salumificio della zona .."

La Foiba doveva essere la sua tomba



Riuscì a sopravvivere Giovanni Radeticchio di Sisano.

Ecco il suo agghiacciante racconto:

"... addi 2 maggio 1945, Giulio Premate accompagnato da altri quattro armati

venne a prelevarmi a casa mia con un camioncino sul quale erano già i tre fratelli Alessandro, Francesco e Giuseppe Frezza nonché Giuseppe Benci. Giungemmo stanchi ed affamati a Pozzo littorio dove ci aspettava una mostruosa accoglienza; piegati e con la testa all'ingiù fecero correre contro il muro Borsi, Cossi e Ferrarin.

Caduti a terra dallo stordimento vennero presi a calci in tutte le parti del corpo finché rinvennero e poi ripetevano il macabro spettacolo. Chiamati dalla prigionia al comando, venivano picchiati da ragazzi armati di pezzi di legno. Alla sera, prima di proseguire per Fianona, dopo trenta ore di digiuno, ci diedero un piatto di minestra con pasta nera non condita. Anche questo tratto di strada a piedi e per giunta legati col filo di ferro ai polsi due a due, così stretti da farci gonfiare le mani ed urlare dai dolori. Non ci picchiavano perché era buio. Ad un certo momento della notte vennero a prelevarci uno ad uno per portarci nella camera della torture. Era l'ultimo ad essere martoriato: udivo i colpi che davano ai miei compagni di sventura e le urla di strazio di questi ultimi. Venne il mio turno: mi spogliarono, rinforzarono la legatura ai polsi e poi, giù botte da orbi. Cinque manigoldi contro di me, inerrne e legato, fra questi una femmina. Uno mi dava pedate, un secondo mi picchiava col filo di ferro attorcigliato, un terzo con un pezzo di legno, un quarto con pugni, la femmina mi picchiava con una cinghia di cuoio. Prima dell'alba mi legarono con le mani dietro la schiena ed in fila indiana, assieme a Carlo Radolovich di Marzana, Natale Mazzucca da Pinesi (Marzana), Felice Cossi da Sisano, Graziano Udovisi da Pola, Giuseppe Sabatti da Visinada, mi condussero fino all'imboccatura della Foiba. Per strada ci picchiavano col calcio e colla canna del moschetto. Arrivati al posto del supplizio ci levarono quanto loro sembrava ancora utile. A me levarono le calze (le scarpe me le avevano già prese un paio di giorni prima), il fazzoletto da naso e la cinghia dei pantaloni. Mi appesero un grosso sasso, del peso di circa dieci chilogrammi, per mezzo di filo di ferro ai polsi già legati con altro filo di ferro e mi costrinsero ad andare da solo dietro Udovisi, già sceso nella Foiba. Dopo qualche istante mi spararono qualche colpo di moschetto. Dio volle che colpissero il filo di ferro che fece cadere il sasso. Così caddi illeso nell'acqua della Foiba.

Nuotando, con le mani legate dietro la schiena, ho potuto arenarmi. Intanto continuavano a cadere gli altri miei compagni e dietro ad ognuno sparavano colpi di mitra.

Dopo l'ultima vittima, gettarono una bomba a mano per finirci tutti.

Costernato dal dolore non reggevo più. Sono riuscito a rompere il filo di ferro che mi serrava i polsi, straziando contemporaneamente le mie carni, poiché i polsi cedettero prima del filo di ferro. Rimasi così nella Foiba per un paio di ore. Poi, col favore della notte, uscii da quella che doveva essere la mia tomba..."
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Messaggio  RAS Gio Nov 15, 2007 5:41 pm

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Messaggio  GENERALISSIMO Gio Nov 15, 2007 8:18 pm

eccoti la risposta: certo che col precedente governo ciavete fatto na palla micidiale con ste foibe
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Già da alcuni anni, l’alleanza della destra italiana guidata dal presidente del consiglio Silvio Berlusconi ha sfruttato gli eventi legati alle foibe durante e subito dopo la Seconda Guerra Mondiale al fine di diffondere una campagna nazionalista e anti-comunista, con il consenso dell’opposizione, costituita dagli ex-stalinisti del Partito Democratico di Sinistra (PDS).

I fatti storici sono stati volgarmente semplificati o estratti dal contesto con lo scopo di stimolare un revival neo-fascista e “patriottico” attraverso ore di trasmissioni televisive e telegiornali dedicati alla propagazione di informazioni parziali o false.

Secondo la versione storica dell’ultra-destra, il regime jugoslavo stalinista del Maresciallo Tito fu responsabile dell’omicidio di massa di 20.000 italiani innocenti i quali vennero catturati, uccisi e gettati nelle foibe nel 1943 e 1945. Molti di essi, si dice, furono gettati in quelle fosse da vivi. Inoltre, secondo questa storia, 350.000 italiani furono cacciati dalle loro case dall’occupazione di Tito.

Nel marzo del 2004 il Parlamento italiano ha passato una legge che dichiara il 10 febbraio “Giorno del Ricordo in Memoria degli Esuli e Vittime delle Foibe,” in onore delle vittime e le loro famiglie, o almeno questa era la motivazione ufficiale. La scelta di questa data è in se stessa una provocazione: il 10 febbraio 1957, Italia cedeva alla Jugoslavia parte della Venezia Giulia nel Trattato di Parigi.

E così oggi, ogni 10 febbraio, la propaganda nazionalista inquina l’etere italiano promuovendo lo sciovinismo, sfruttando eventi tragici che rimangono senza spiegazione. Filmati di cadaveri rimossi dalle foibe e immagini di donne anziane in lacrime si alternano a quelle del leader neo-fascista Gianfranco Fini che visita la regione, o a quelle del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi che discute l’importanza del patriottismo italiano e del sacrificio nazionale. Quest’anno, la propaganda è mirata direttamente ad influenzare i risultati delle prossime elezioni in Aprile.

La prima distorsione è già contenuta nella premessa del “Giorno del Ricordo” che combina due episodi storici distinti: gli eventi delle foibe nel periodo 1943-45 e l’esilio degli italiani dai cosiddetti territori irredenti tra il 1945 e il 1960. Per quanto riguarda questi ultimi, le autorità jugoslave non hanno mai emesso un decreto d’espulsione, mentre quelle italiane hanno ignorato le difficoltà di questi immigrati, rilocando migliaia di persone in posti sperduti come certe aree rurali della Sardegna.

Anche se erano senza dubbio strettamente collegati, questi due episodi non possono essere compresi come il singolo risultato della “furia del comunismo di Tito,” come sostengono per motivi politici i filistei del governo Berlusconi.

Questo articolo discuterà solamente gli eventi delle foibe.

La storia di quell’area geografica che divenne poi la Jugoslavia è una di oppressione e di repressione. All’alba del ventesimo secolo, i popoli slavi dei Balcani erano sotto il dominio, a nord, dell’Impero Austro-Ungarico, e a sud del decrepito Impero Ottomano. Questi popoli, a quel tempo noti come “slavi meridionali”, espressero in molte occasioni la volontà di creare un proprio stato-nazione. Molti di essi si ispiravano all’Unione Balcanica delle Repubbliche Socialiste, un progetto politico a favore del quale combatterono marxisti come Svetozar Markovic, Dimitrije Tucovic and Christian Rakovsky.

Nel tardo diciannovesimo e all’inizio del ventesimo secolo, la regione balcanica era un crogiolo di grandi conflitti sociali e nazionali, in cui le grandi potenze intervenivano per favorire i propi interessi. Verso la fine della prima guerra mondiale, le terribili condizioni economiche e sanitarie, e la carestia, contribuivano alla radicalizzazione delle masse di lavoratori nella regione del Carso. Essi organizzavano scioperi chiedendo la fine immediata del conflitto. Quando la guerra finalmente terminò, questi territori si trovavano sotto controllo militare italiano, in teoria fino a quando un accordo internazionale potesse essere raggiunto.

Nel frattempo, spaventate dalla recente Rivoluzione d’Ottobre in Russia, e appoggiate dai paesi imperialisti che volevano dividersi le spoglie della guerra, le classi dirigenti Slovene e Croate creavano il Regno di Serbia, Croazia e Slovenia nel dicembre del 1918 (il nucleo territoriale che nel 1929 divenne poi la Jugoslavia—“Jug” significa “sud”).

I territori nordoccidentali di questo nuovo stato confinavano con l’Italia. Vari trattati (Versailles nel 1919, Rapallo nel 1920) stablilivano la sovranità italiana sulla Venezia Giulia, e anche sulla parte occidentale della Croazia e della Slovenia (Istria e parte della Dalmazia). Diversi gruppi etnici vivevano assieme in quei territori da secoli. Nel primo dopoguerra, i governi italiani, e in particolar modo i fascisti di Mussolini, imposero una politica di pulizia etnica conosciuta come Italianizzazione, mirata a cancellare ogni traccia di cultura slava, considerata barbara e inferiore dai fascisti, e all’imporre l’italiano come lingua e “cultura” ufficiale.

Negli anni venti, le scuole slave della regione furono chiuse; centri culturali bruciati; l’uso delle lingue slovene e croate bandito dalla burocrazia statale e dal sistema giudiziario; nuove leggi limitavano assemblee ed eventi pubblici delle associazioni non-italiane; i nomi furono italianizzati per eliminare qualsiasi apparenza di influenza slavica, e così via. Negli anni trenta, le leggi razziali e anti-semitiche di Mussolini continuavano a distinguere tra gli “italiani puri” e i popoli inferiori.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, dopo i devastanti bombardamenti su Belgrado operati dalla Luftwaffe tedesca, le forze armate italiane, appoggiate da quelle tedesche, ungheresi e bulgare, invasero la Jugoslavia. Il regime di Mussolini prese controllo della Dalmazia, Slovenia (che divenne così la Provincia di Lubiana), Croazia (governata dall’alleato di Mussolini Ante Pavelic, capo della forza fascista Ustascia nota per la sua brutalità) e parte del Montenegro.

La Jugoslavia divenne allora il teatro di molti dei più orrendi crimini di guerra mai commessi. Pochissimi degli ufficiali italiani responsabili furono mai puniti, grazie alla protezione del Vaticano. Infatti, molti dei criminali di guerra entrarono nel più importante partito borghese del dopoguerra: la Democrazia Cristiana. Su una popolazione jugoslava di 16 milioni, quasi 1.400.000 furono uccisi durante la guerra. L’Italia fu responsabile dell’uccisione di almeno 250.000 jugoslavi, la gran parte dei quali morì non sul campo di battaglia, ma durante massacri ed espulsioni di massa.

Il regime fascista di Roma fu direttamente responsabile dell’uccisione, violenza sessuale, tortura, privazione di cibo e mutilazione di migliaia di persone e per aver distrutto centinaia di villaggi. La Seconda Armata guidata dal Generale Roatta fu particolarmente brutale nelle sue tattiche.

Un fatto che è rimasto deliberatamente occulto per decenni è che il regime di Mussolini costruì campi di concentramento sia in Jugoslavia che in Italia. Tennero prigionieri 30.000 croati e sloveni, includendo bambini, donne e anziani, molti dei quali vennero condannati a morte dai tribunali italiani. Deportazioni di massa, torture e incendi dolosi erano usati abitualmente contro l’opposizione incalzante, la quale si organizzava attorno all’Armata Popolare di Liberazione della Jugoslavia guidata da Tito.

L’8 settembre 1943, l’Italia firmava l’Armistizio di Cassabile con il Regno Unito e gli Stati Uniti, cessando ufficialmente le ostilità fra quelle potenze. Questo accordo, tuttavia, non specificava le relazioni fra Italia e Germania. Il fascismo in Italia era ancora vivo e in ottima salute: i tedeschi auitarono Mussolini ad evadere dalla prigione di Campo Imperatore sul Gran Sasso e a fondare la Repubblica Sociale Italiana (RSI) nell’Italia settentrionale alla fine di quel mese, in diretta vicinanza alle aree in questione.

Le ambiguità dell’armistizio, la guerra e la situazione politica in generale contribuirono alla velocità con cui gli eventi si succedettero. Molti sostenitori di Mussolini che appoggiavano la Repubblica di Salò vedevano il patto come un tradimento dei loro alleati tedeschi, continuando quindi una forte presenza fascista.

Il giorno seguente all’armistizio italiano con il Regno Unito e gli USA, l’esercito di Hitler lanciava un’invasione del territorio precedentemente occupato dagli italiani, internando circa 30.000 prigionieri nei campi di concentramento (in particolare la risiera di San Sabba). Le forze armate italiane concessero l’intera regione insieme a migliaia di soldati che vennero eventualmente uccisi o deportati dai tedeschi.

Durante quei giorni di caos e disorientamento, il leader comunista sloveno Edvard Kardelj guidava un contrattacco per distruggere i fascisti. La linea di separazione fra gli italiani e i fascisti era parzialmente offuscata, certamente da decenni di terrore e brutalità. I partigiani e i contadini jugoslavi, a cui si unirono i soldati italiani che erano stati abbandonati dal loro governo e protetti dai partigiani di Tito, catturarono ed uccisero 250-300 italiani, per la maggior parte fascisti, polizia e camicie nere. Fra essi, secondo fonti ufficiali, vi erano donne, bambini ed anziani, possibilmente parenti dei fascisti. I loro corpi venivano infoibati (cioè gettati nelle foibe). Circa 2.000 italiani in totale vennero uccisi nel 1943, includendo uccisioni non correlate alle foibe.

Come indicato dal Resoconto della Commissione Storica e Culturale Sloveno-Italiana pubblicato a gennaio 2000 da un gruppo di storici italiani e sloveni, “le uccisioni erano motivate non solo da fattori nazionali e sociali, ma anche da un desiderio di colpire la classe dirigente locale,” un fatto che l’alleanza di destra dei nostri giorni ed i suoi apologeti vogliono ignorare.

Il secondo episodio delle foibe avvenne nel 1945, subito dopo l’arresa dei tedeschi. A cominciare dal primo maggio e per le successive sei settimane, i partigiani jugoslavi procedettero all’occupazione della costa adriatica al fine di creare uno stato de facto prima che le forze alleate potessero raggiungere la zona e assoggettarla al loro controllo. I partigiani di Tito lanciarono questa campagna per redimere i territori con l’obiettivo di annettere le aree in questione, ancora popolate prevalentemente da slavi.

Questa campagna consisteva nella persecuzione di chiunque fosse considerato ostile al nuovo stato emergente, la Jugoslavia. Gli eventi deragliarono fuori controllo: l’OZNA (l’agenzia di servizi segreti), l’esercito, bande di croati, serbi, sloveni e persino italiani parteciparono ad un’ondata di repressione contro elementi come gli ustascia, i cetnici, spie, presunti “traditori della lotta popolare”, “disertori del popolo”, “nemici dell’armata popolare” e così via.

Come evidenziato dallo scrittore storico Gianni Oliva nel suo libro La Resa Dei Conti (edizioni Mondadori, 2000), già dal 6 maggio la leadership di Tito aveva avvertito che la situazione stava degenerando ed emise un avviso circa il rischio di atrocità ed uccisioni per vendetta, ammonendo l’OZNA per aver operato irresponsabilmente.

Ma gli eventi si susseguirono ad una velocità vertiginosa: centinaia di persone vennero uccise ed i loro corpi gettati nelle foibe. Testimoni oculari hanno dichiarato che solo cadaveri venivano buttati nelle buche. Ci sono, tuttavia, casi riportati di vittime che sarebbero state infoibate vive. A volte, alcuni venivano fucilati ai margini di una foiba e, nel cadere dentro, trascinavano con loro qualcuno ancora vivo.

Il numero totale di morti durante quei 40 giorni di sangue, secondo gli storici più seri, è stabilito a circa 5.000, 570 dei quali sarebbero stati vittime delle foibe. Il resoconto italo-sloveno di cui sopra dichiara che gli eventi “vennero messi in moto da un’atmosfera di resa dei conti con la violenza fascista; ma, come sembra, procedettero principalmente da un piano preliminare che includeva varie tendenze: azioni volte alla rimozione di persone e strutture che erano in una maniera o l’altra (indipendentemente dalla responsabilità personale) connesse al fascismo, alla supremazia nazista, a collaborazione con lo stato italiano o ad esso stesso, ed azioni volte alla pulizia preventiva di oppositori reali, potenziali o solo sospettati del regime comunista e dell’annessione della Venezia Giulia alla nuova Jugoslavia.”

Uno degli aspetti reazionari della corrente campagna di destra in Italia sulla questione delle foibe è l’implicazione che le vittime dei “comunisti” sarebbero più significative di coloro morti per mano italiana, tedesca o uccisi dagli Alleati.

Il giornalista Indro Montanelli, in un passato non troppo lontano socio di Berlusconi nella direzione (e proprietà) de Il Giornale, prima della sua morte nel 2001 dichiarava che le vittime durante una guerra, come gli jugoslavi uccisi dalla brutalità fascista, non possono essere paragonate a coloro (gli italiani) i quali venivano uccisi alla fine della guerra. Inoltre, asseriva che l’Italia non ha mai perseguito politiche di pulizia etnica, mentre gli stalinisti jugoslavi sarebbero colpevoli di tale crimine.

Riguardo quest’ultimo punto, Montanelli mostrò semplicemente la sua simpatia per il fascismo quando dichiarava che la campagna di Italianizzazione di Mussolini negli anni ’20 e ’30 e le leggi razziali e antisemite implementate nei tardi anni ’30 in realtà non sono mai successe.

In ultima analisi, l’azione del parlamento italiano nell’istituire il cosiddetto “Giorno del Ricordo” nazionale è un tentativo della classe dirigente, in concerto con i mass media e certi intellettuali, di falsificare la storia al fine di giustificare il suo losco programma attuale. La legittimizzazione del retaggio fascista e la sua brutalità dovrebbero servire alla classe lavoratrice come un serio allarme sul vero stato delle relazioni di classe della “democrazia” italiana.
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Messaggio  AntifaBS.Stalingrad. Dom Dic 09, 2007 1:49 pm

Certo che comunque voi fascisti non avete titolo per fare le vittime. Sai quanti slavi hanno ammazzato quei figli di puttana italiani e tedeschi che si ritiravano dalla Jugoslavia???
Le foibe titine erano per lo più un luogo dove punire i collaborazionisti nazisti.
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Messaggio  tartufone Dom Dic 09, 2007 4:35 pm

AntifaBS.Stalingrad. ha scritto:Certo che comunque voi fascisti non avete titolo per fare le vittime. Sai quanti slavi hanno ammazzato quei figli di puttana italiani e tedeschi che si ritiravano dalla Jugoslavia???
Le foibe titine erano per lo più un luogo dove punire i collaborazionisti nazisti.
;) esatto
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